LA LEGGE DEL BICCHIERE D’ACQUA

Ogni tanto, è sotto gli occhi di tutti, le persone cadono. No, non sto utilizzando un linguaggio metaforico, sto parlando proprio di quel rapido processo che porta un essere umano ad abbandonare la tanto sudata posizione eretta e schiantarsi al suolo. Passi falsi, scarpe inadeguate, pavimento scivoloso o sconnesso, malori: molteplici possono essere le cause di una caduta. Talvolta questa ha effetti seri, come una frattura, altre volte solo esilaranti, molto spesso uno di questi due elementi non esclude necessariamente l’altro.

Quello di cui vorrei parlare in questo post, però, non riguarda la caduta in senso stretto, quanto, piuttosto la gestione della caduta in un luogo pubblico e quella legge universale che io ho chiamato “la legge del bicchiere d’acqua”. Ma facciamo un esempio pratico che forse rendo meglio l’idea.

Prendiamo una signora che passeggi da sola amorevolmente per strada. Mettiamo che la signora inciampi in una buca e finisca in terra. A questo punto un numero che va dalle tre alle milleduecento persone si radunerà intorno al corpo della signora per soccorrerla e sincerarsi delle sue condizioni. La legge del bicchiere d’acqua stabilisce che a prescindere dal numero delle persone, dalla loro età, livello d’istruzione o classe sociale, ad un certo punto si materializzerà un bicchiere colmo d’acqua che verrà offerto all’inferma. Fateci caso, accade sempre. Spesso non si sa bene nemmeno da dove esca fuori, se da un negozio, dalla borsa di qualcuno oppure direttamente dal cielo, offerto dallo spirito santo. Una volta comparso il bicchiere tutti inviteranno con gli occhi la signora a sorbirne il contenuto, tutti saranno felice alla vista delle sue labbra accostarsi al sacro calice.

Adesso io non sono un medico, all’ allegro chirurgo facevo pena e “Esplorando il corpo umano” mi ha insegnato unicamente a non giudicare le persone in base alla loro barba. Nonostante questo, però, posso affermare con relativa sicurezza che la disidratazione abbia poco a che fare con le cadute a cui solitamente assistiamo. Non c’è nessuna ragione per la quale una vecchietta caduta in terra dovrebbe farsi una sorsata, eppure la legge del bicchiere d’acqua resta inattaccabile. Va da sé che l’acqua qui abbia un valore puramente simbolico. Quel bicchiere è il precipitato materiale della presa in carico da parte degli accorsi. Quel bicchiere significa: “Ecco, ci stiamo prendendo cura di te, lo vedi?”. Rende tangibile, concreto, qualcosa che non lo è, qualcosa che non viene detto e lo cementifica attraverso uno scambio (ti diamo l’acqua per te e tu la bevi per noi) che è quasi cerimoniale. Bello no? Direi di sì. Nonostante questo, ragionavo sul fatto che se dovessi io cadere, se dovessi farmi male e voi foste chiamati a soccorrermi, credo che un Rosso di Montalcino, un Nebbiolo, un Aglianico andranno benissimo lo stesso, specie se accompagnati con un primo importante, formaggi, minestre, affettati vari, dolce e caffè! Non fatevi scrupoli, dovrò rimettermi in forze e se non finisco tutto tranquilli, mi faccio la busta!

P.S. Non dimentichiamoci l’amaro per favore!

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Zucchine con mix di wurstel e scamorze biologiche al sentore di pangrattato romano.

Non vi avevo detto mai che la cucina è una dei miei grandi hobby, ancor più della sala hobby (ok iniziamo male)

Ecco comunque  a voi una delle mie ricette: le mie famose zucchine con mix di wurstel e scamorze al sentore di pangrattato romano! Provatela e fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!

Ingredienti per 4 persone in su:

5 Kili di zucchine romane;

12 wurstel cicciotti;

2 scamorze affumicate romane;

7 pomodori;

21 uova sode;

3,5 grammi di pangrattato romano;

15 cipolle rosse di Tropea;

1 ramo di alloro romano;

3 litri e mezzo di Olio extravergine, possibilmente di oliva, di semi, di girasole… sennò improvvisate;

Tempo di cottura: dai 30 minuti alle 13 ore.

Difficoltà: estrema.

Abbinamento: qualsiasi liquido non letale.

Prendete le zucchine romane e lavatele con cura possibilmente usando acqua e sapone, poi tagliatele a rondelle. Prendete le cipolle, sbucciatele, tagliatele a rondelle, poi mettetele in una padella che avevate messo preventivamente sul fuoco per via di un sogno che avete fatto nottetempo. Buttatevi adesso sui pomodori e tagliateli con foga a rondelle. Lanciate da una distanza di almeno tre metri rondelle di zucchine e pomodoro. Ad ogni rondella di zucchina deve seguire una rondella di pomodoro e viceversa. È molto importante, al fine della riuscita del piatto, accompagnare ogni tiro con un grido a vostra scelta, ma badate bene che se indossate Hogan la distanza di lancio non può essere inferiore ai  6 metri. Se le dimensioni della vostra cucina non vi consentono di rispettare una tale distanza cambiate cucina, oppure toglietevi le Hogan possibilmente per sempre. Spolverizzate ogni tanto a piacere con abbondante sale marino e quando nella padella siete riusciti a infilare abbastanza cose abbassate la fiamma. Prendete adesso i wurstel. Vi consiglio di utilizzare wurstel di pollo, ma quelli di tacchino o di maiale vanno bene allo stesso modo, basta che siano 12. Potete pure fare 4, 4 e 4, nessuno lo noterà, ma di solito le confezioni di quelli cicciotti sono da tre quindi ve lo sconsiglio per una questione prettamente matematica. Prendete comunque tutti i 12 wurstel, mondateli dalle loro naturali impurità, asciugateli con un panno elettrostatico e tagliateli a listarelle. Poi tagliateli a dadini, infine strizzateli bene, passateli in una scodella con latte, farina, uova, cannella, cumino, aglio sminuzzato, succo di papaia e Badedas, poi tagliateli a rondelle. Prendetevi adesso del tempo per voi e quando ne avrete davvero voglia mettete i wurstel in padella insieme alle due scamorze biologiche affumicate  intere. Lasciate in cottura una trentacinquina di minuti, poi aggiungete i 3,5 grammi di pangrattato romano, il ramo di alloro romano e due litri d’olio. Fate attenzione perché adesso, questione di secondi, non dovreste essere più in grado di riconoscere alcun ingrediente. Questo sta a significare che la cottura è ultimata. Servite il tutto su grandi piatti da pizza di quelli con le vedute di Napoli o con Pulcinella e utilizzate le uova sode, che a questo punto avrete da voi di certo tagliato a rondelle, per decorare a vostro piacere e rendere questo piatto, la cui leggerezza ed equilibrio ben si adatta a qualsivoglia stagione, ancora più stuzzicante.

p.s. dopo le prime volte andate diminuendo con le quantità di zucchine e pomodori progressivamente a quanto migliorerà la vostra pallacanestro.

Buon appetito!

Rondelle tipo

Rondelle tipo

Zio Reginaldo mente! [Breve analisi de Gli Aristogatti]

Tutti voi ricorderete “Gli Aristogatti”, il celebre cartone animato Disney del 1970 che narra le peripezie di una gatta della haute société e dei suoi tre micetti nella Parigi di inizio Novecento. Tra i vari personaggi di questo film ve n’è uno, Zio Reginaldo, (Waldo nella versione originale doppiato in italiano da Gianni Bonagura) che compare solo per un paio di minuti. Vi invito oggi ad una veloce analisi della sua apparizione nella quale decostruirò i suoi comportamenti e dimostrerò che Reginaldo altro non è che un alcolista cronico della peggior specie.

Sequenza 1: “La rissa”. Si vede il Petit Cafè, un ristorante di Parigi, si sentono dei suoni che distraggono la macchina da presa e portano l’inquadratura sul retro del locale dove, attraverso una finestra, vediamo Zio Reginaldo colluttare con il cuoco. [Notare che si sente solo il cuoco urlare mentre l’oca fa i suoi versi: siamo guardando la scena dal punto di vista degli umani, Reginaldo è solo un’oca in questo momento].

Sequenza 2: “Fare finta di niente”. Zio Reginaldo è fuori, sul marciapiede, sotto ad un lampione. Cosa fa? Torna in sé, o almeno ci prova: si dà un tono! Come? Riassume la postura eretta (aiutandosi col lampione) e, più importante, si risistema il cappello sulla testa! Come se nulla fosse si prepara a tornare in società e concentra le sue, relative, energie per mostrarsi quanto più accettabile possibile. Tanto più è grave il suo stato di incoscienza tanto maggiore sarà la sua attenzione ai dettagli (il cappello). Pateticamente crederà che se questi sono a posto nessuno noterà il resto. Questo è uno dei comportamenti più classici dell’alcolista consapevole del proprio stato.

Sequenza 3: “Oh my God!!!” Arrivano Guendalina Blabla e Adelina Blabla. Riconoscono lo Zio Reginaldo e lui a sua volta riconosce loro. La prima reazione di Reginaldo è di paura, ma subito viene corretta in un atteggiamento festoso: “le mie nipotine preferite!”. Ci troviamo qui di fronte al classico comportamento – finto – del beone che è amico del mondo e che è capace di ricoprire di affetto e belle parole perfino persone che in condizioni normali non degnerebbe del saluto. [L’inquadratura è ad altezza oca e quindi giustifica il fatto che parlino tra loro].

Sequenza 4: “Ma guarda come stai!” Adelina Blabla e Guendalina Blabla si rendono conto delle condizioni pietose dello Zio. Non sembrano scandalizzate più di tanto, elemento che avvalora la mia tesi, ovvero che lo Zio Reginaldo non sia affatto nuovo a questo tipo di esperienze.

Sequenza 5: “Non è come sembra/non è colpa mia”. Ci troviamo qui ad affrontare il più caratteristico dei comportamenti dell’alcolista compulsivo: il tentativo di deresponsabilizzarsi. Zio Reginaldo riesce in pieno nel suo intento scaricando la colpa verso il cuoco del ristorante. Questo comportamento vanta numerosi modi di concretizzarsi, diversi nelle forme, ma tutti uguali nella sostanza. Bisogna spostare l’attenzione non sul fatto che si è bevuto, ma sulle cause che hanno reso questo fatto inevitabile, facendo passare l’alcolista da colpevole a vittima. Qualche esempio? La ragazza stronza che ti ha scaricato, la morte di qualche lontano parente, essere della Lazio. Fondamentale nella riuscita è poter esibire qualche prova. Qualche sms della ex sdolcinato conservato sul cellulare, una vecchia foto dello zio da accompagnare alla narrazione singhiozzante di un vostro ricordo d’infanzia che lo riguarda, la maglia di Brocchi che nascondete sotto al Loden. Zio Reginaldo, ad esempio, utilizza la mancanza delle piume posteriori (probabilmente da attribuire invece a qualche incidente causato dalla sua ebbrezza) rafforzando la finzione parlando di sé come del “povero e vecchio Zio Reginaldo”: avete a che fare con un vero virtuoso, altro che oca arrosto!!!

Sequenza 6: “Cazzeggio”. Ottenuta la commiserazione si dà al cazzeggio più totale. Il cazzeggio può seguire di regola la fase della commiserazione senza apparente contraddizione. L’importante è che inizi quando questa ha raggiunto il suo apice e ci si trovi in una fase di stallo. Quando l’ubriaco tenta di forzare la fase di commiserazione oltre la fase di stallo si può a buon diritto parlare di un caso di “ubriacatura molesta”. Non sembra, ma spesso chi agisce in questo modo ha uno scopo ben preciso: andare in macchina ad ascoltare i cd di Masini.

Sequenza 7: “Si ricomincia”. Fortunatamente Zio Reginaldo non è un beone del tipo molesto. Anzi! Notate come sfrutta la fase di commiserazione a suo favore e si incammina con le nipoti con l’intenzione di andare a bere. Ha ritrovato tutto il suo smalto, la sua vera raison d’être: bere! “Andiamo a brindare a questa riunione di famiglia” strillerà trionfante. Vi potrà sembrare una frase innocente, ma così non è. Ha trovato un’altra scusa (e che scusa!) per celare il suo implacabile alcolismo: la famiglia. Ha saputo trasformare l’incontro con le sue nipoti, potenzialmente imbarazzante, a suo vantaggio. Zio Reginaldo….ti ho smascherato!   

P.S. Un ringraziamento a Marianna che mi ha dato modo di concentrarmi su questa scena del film.

“Pieta” di Kim Ki Duk: recensione, curiosità, balconing.

Vuoto dimensionale, solitudine, un opprimente senso di claustrofobia. Sono questi gli elementi che dominano “Pieta” di Kim Ki Duk, film che affronta la dura realtà di un quartiere di Seul nel quale la diffusione del balconing, specie nella variante coreana senza piscina, ha sconvolto il tessuto sociale dei suoi abitanti, tradizionalmente fondato su alcol e culto della lamiera. Tra la disperazione ed il senso di umiliazione che affligge coloro i quali non riescono a trovare il coraggio di lanciarsi si muove Ken-Do, il protagonista del film, teorico delle pippe notturne senza mani, il quale si aggira per il quartiere facendo nuovi adepti con dei metodi forse brutali, ma dalla sicura efficacia. Tra vecchi e nuovi pipparoli una donna misteriosa entra però nella vita di Ken-Do, stravolgendone gli equilibri. Dopo numerosi colpi di scena si scopre che la donna niente altro è che la campionessa coreana di balconing che, afflitta dal suicidio del figlio, ossessionato dalle vertigini ereditate per via paterna, decide di porre fine alla moda del balconing realizzando il balconing perfetto. Ken-do, colpito dal gesto tecnico della donna, cerca conforto tra i suoi adepti, ma scopre che questi in realtà questi lo hanno rinnegato a causa di alcuni suoi comportamenti impuri con la mano della donna. Oramai solo e disperato Ken-Do cerca di riconquistare l’amore della sua gente lanciando la moda dei maglioni corti e zozzi. Fallito questo ultimo estremo tentativo Ken-Do è oramai ad un passo dalla pazzia. Nell’ultima e struggente scena lo vedremo affidare tutto il proprio dolore alla Land Art.

Curiosità

– “Pieta” è stato girato in appena un mese, in seguito ad una scommessa tra il regista Kim Ki Duk ed un barista di Salonicco che ha chiesto di restare nell’anonimato.

– Appassionati cinefili di tutto il mondo si sono divertiti a scovare errori nella pellicola. Quello più eclatante è la presenza di una anziana donna che appare nitidamente dietro la protagonista poco prima che questa esegua il balconing finale.

– Il film ha avuto il patrocinio del Ministero della salute coreano. Sarà proiettato all’interno delle scuole nell’ambito di un progetto mirato a promuovere tra le nuove generazioni il consumo di cibi a kilometro zero e possibilmente vivi.

– Il ruolo del futuro padre pronto a sacrificare le proprie mani è stato interpretato da Jin Ji Woo, famosa rockstar coreana idolo dei teenagers. La canzone che accenna alla chitarra è tratta da “Sapido”, il suo ultimo disco, tra i più scaricati su I-tunes.

Hanno detto su “Pieta”

“Kim era perfettamente partecipe della causa. L’idea del frigorifero buttato in terra è stata sua” (Cho Yong Doo, Ministro della salute Sud Coreano)

“A noi Kim Ki Dux non dispiace” (Gianluca Iannone, leader CasaPound Italia”)

“Prima Pietà, poi Pieta, poi di nuovo Pietà e poi no, tutti dicevano Pieta…sapete che ve dico? Che io…” (Paolo Mereghetti, critico cinematografico)

“Senza Nonno Libero io dico che non è pensabile. Scarpati non può reggere da solo tutta quella… è troppa l’aspettativa da parte del pubblico” (Micheal Mann, regista e presidente della 69esima Mostra del Cinema di Venezia)

“Lui era sbronzo marcio, nemmeno si reggeva in piedi. Pensavo di vincere facile ed invece… non li ho i suoi soldi e sono mesi che vivo nel terrore che torni, quell’uomo è pericoloso, dico davvero!” (Ambrosios T., barista)

“Mi ci sono riconosciuta. Anche io di notte metto sempre il silenzioso” (Paola Barale, showgirl)

“Un film che ti tocca dentro” (Beppe Bigazzi, faccendiere)

“Coreani, coreani, coreani, sempre film coreani” (Massimiliano Latorre eSalvatore Girone, militari)

“I peggiori schiaffi della storia del cinema” (Bud Spencer, attore)

“Lino sa bene che per lui un ruolo ci sarà sempre nei miei film” (Micheal Mann, regista e presidente della 69esima Mostra del Cinema di Venezia)

“Ma poi, ma si può sapere che le ha dato da mangiare a quella, ‘na palla?” (Paolo Bertetto, critico cinematografico)

“In sala si sono girati tutti verso di me durante quella scena. Possibile che io ormai debba persino aver paura di andare al cinema, perché se per caso esce fuori un pollo…  ” (Richard Benson, artista)

“Ho pianto” (Renzo Bossi, figlio)

“Ci è costato molto meno di quello che pensate” (Amancio Ortega Gaona, imprenditore, proprietario del marchio Zara)

“Un capolavoro assoluto, ma io su Kim Ki Duk sono di parte” (Antonio Cassano)

Il regista Sud-coreano Kim Ki Duk a Venezia mentre imita uno di quei gatti cinesi del cazzo