Zerbino connection: riflessione ad uso condominiale.

Una delle leggi della vita in condominio è che si è liberi di personalizzare l’interno dei nostri appartamenti come meglio crediamo, ma quanto agli spazi comuni, scale, pianerottoli, androni, cassetta della posta, dobbiamo attenerci alla linea condominiale. Nessuno, o quasi nessuno, accetterà che voi apponiate un poster o delle foto in uno spazio comune e solitamente a nessuno salta in testa di farlo. Ci sono, ovviamente delle eccezioni, solitamente legate a qualche circostanza molto particolare, come eventi sportivi (bandiere, striscioni), religiosi o legati a festività particolari (addobbi natalizi, carnevaleschi, ultimamente anche disegni per halloween), rituali e life-events (addobbi per matrimoni, coccarde in caso di nascite, bandiere della pace o lenzuoli bianchi). Queste eccezioni sono tollerate proprio per via dell’eccezionalità dell’evento e perché, in  relazione a ciò, hanno una permanenza circoscritta nel tempo: dopo un po’ devono sparire!

L’unica eccezione che mi viene in mente a questo quadro sono le piante, che a volte qualche condomino piazza sul pianerottolo, con la scusa di abbellirlo. Le piante sono solitamente tollerate (a patto che tale condomino preveda anche alla loro gestione) perché oramai, nella nostra cultura, più che esseri viventi sono percepite come oggetti ornamentali, oggetti di carattere neutro, che non richiamano a nessun sistema estetico o valoriale preciso (come invece farebbe inevitabilmente un poster o una fotografia).

Vi sono, però, a pensarci bene, delle altre eccezioni. Parlo di porte e campanelli, che sono sì oggetti visibili all’esterno (le porte per metà in realtà), ma che lo sono al fine di garantire la nostra intimità domestica e sono a questa strettamente funzionali (ad esempio il campanello ci avverte in caso di visite e fa in modo che nessuno tocchi la nostra porta). L’unico oggetto che, seppure giustificato da motivazioni funzionali, abbiamo il diritto di sistemare a tempo indeterminato in uno spazio pubblico è invece lo zerbino (also known as “stuoino” o “nettapiedi” come suggerisce il caro Devoto-Oli).

Probabilmente è un oggetto a cui non siete portati a dare molta importanza, ma sta di fatto che quel rettangolino polveroso è il massimo che avete a disposizione per dare sfogo al vostro estro fuori dalla vostra proprietà e vi invito a riflettere sul fatto che nessuno di voi si sognerebbe mai di piazzarlo in altro modo che non attaccato alla soglia di casa, come legato a questa da un cordone ombelicale, da una contiguità tanto simbolica quanto affettiva.

No! Non potremmo mai tollerare che il nostro zerbino si perda anche di pochi centimetri in quello spazio ambiguo, terra di nessuno, che è il pianerottolo. Così, quando fanno le pulizie e uscendo dall’ascensore lo troviamo poggiato contro la parete, magari capovolto, vorremmo parlargli, chiedere cosa è stato, perché si trova lì, chi è stato a fargli quello. Poi lo riportiamo alla ragione, lo sistemiamo come meglio non si possa e ci strofiniamo per bene la suola delle scarpe, come a marcare il territorio, come a dirgli “caro, non è successo niente, ci sono qui io adesso, va tutto bene” e non riusciamo a rientrare se lui non è lì, al suo posto, fiero e gagliardo, a dare il nostro saluto a chiunque varchi le porte delle nostre abitazioni.

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Guadagna 486,25 Euro al giorno da casa.

Torno a casa da lavoro, accedo al mio profilo Facebook e mi accorgo di un fatto inquietante! Delle 7 inserzioni sponsorizzate che FB mi propone sul lato destro della pagina 4 riguardano somme che potrei guadagnare al giorno da casa, pare, con la massima facilità. Il problema è che si tratta di 4 cifre diverse tutte sulla stessa pagina! Una inserzione mi propone di guadagnare 395 Euro, un’altra 600, un’altra ancora 450 e l’ultima 500. Tralasciando il fatto che due tra queste utilizzano la stessa immagine mi sorge spontanea una domanda:

Chi, tra costoro, sta cercando di gabbarmi?

p.s. So che spesso questi banner sono mirati, devo preoccuparmi?

p.p.s. Le altre tre inserzioni erano una su delle giacche da neve in saldo, un’altra era quella del Bingo e come ultima mi proponevano un sito dove trovare ragazze single.

p.p.p.s. Ho scritto il precedente p.s. prevedendo che qualcuno me lo avrebbe chiesto.

p.p.p.p.s. Sì, sono quelle persone che ti guardano e fanno “Ah beh se sei acquario….ma devi dirmi l’ascendente!”

p.p.p.p.p.s. Sì, ho fatto la media matematica ed è uscito 486,25 euro al giorno.

p.p.p.p.p.p.s. Beh non lo so l’ascendente e non so nemmeno come si faccia a stabilirlo e no, non ci tengo che qualcuno me lo dica grazie.

p.p.p.p.p.p.p.s. Ripensandoci visto che devi lavorare e guadagnare da casa, forse la differenza potrebbe essere nella casa. Cioè in base alla casa che hai ti danno un tot al giorno. Non fa una grinzetta no? Cioè se hai una casa scrausa magari parti da 395 euro. Poi, considerando che sono quasi 12mila euro al mese, magari nel giro di un anno te ne compri una mejo di casa e così ti danno 450 euro. Poi ci metti la piscina, l’arredi bene e se la cosa va arrivi a 600. Sì, ne sono persuaso oramai, deve dipendere dalla casa….

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“Cambiamo decisamente argomento”. La scaletta dei telegiornali con buona pace di assiri e babilonesi.

Vi è una logica, un disegno, un pensiero intelligente nelle scalette dei TG. Non si tratta solo di anteporre politica ed economia a cronaca e costume fino a realizzare un percorso che va dal fatto più rilevante a quello meno. Vi è, spesso, proprio una ricerca di carattere estetico ad orientare la selezione delle notizie, un richiamo all’analogia, alla ricorrenza, a volte fino a creare una certa ridondanza. Avrete notato che vi è un’alta probabilità, quando viene data una notizia particolare, che nei giorni seguenti ve ne vengano segnalate di simili. Naufragio chiama naufragio. Stupro chiama stupro. Aggressione da parte di cane chiama altra aggressione. Disastro ambientale altro disastro. In mancanza di corrispondenza perfetta un disastro aereo può sostituire un naufragio così come lo stupro può chiamare aggressione e l’attacco di squalo in una zona remota del mondo seguire la signora azzannata dal Pit-Bull ad Isernia. Altre volte tali passaggi possono seguire logiche meno evidenti, al limite dei meccanismi inconsci di associazione. La scaletta del TG assomiglia molto alla retta evolutiva “assiri-babilonesi-fenici-egizi” che ci insegnavano a scuola, un percorso che deve condurre dallo spread al disco di Zucchero, dall’attentato al video virale, dalla guerra in Palestina alla rovesciata di Ibrahimović. Così, laddove quella ridicola storia evolutiva, di sapore positivista, tentava di giustificare il progresso – la storia – con i segni di questo progresso (ovvero la tecnologia espressa dalle civiltà che, tipo staffetta, si davano il cambio sulla linea) i TG, che procedono controcorrente, andando cioè dal serio al faceto, non potendo giustificare le loro scelte con una pseudoscienza cercano di creare delle scalette quanto più omogenee e lineari nel loro complesso. Per riuscire in questo scopo, per farci arrivare dal punto A al punto B come se questo percorso fosse la cosa più naturale – e giusta – possibile, hanno una sola possibilità: non farci percepire gli spazi, i vuoti, i passaggi tra i vari argomenti. Per questo le scaletta dei TG assomigliano in qualche modo ad un prodotto artistico e come tale potremmo forse studiarle. Vi sono, però, dei momenti nei quali il meccanismo, come dire, si inceppa, momenti nei quali non si può fare altro che passare da una notizia di cronaca, magari anche una brutta notizia di cronaca di quelle morbose che piacciono tanto, ad una notizia molto più leggera, una notizia di costume con le musichette allegre di sottofondo. È in questi casi che il sistema è scoperto ed il conduttore è il primo a rendersene conto. Mostrerà imbarazzo e, dopo aver annunciato il titolo della notizia frivola con l’immagine frivola già sul monitor, dirà una frase semplice, un piccolo inciso, dirà: “cambiamo decisamente argomento”. Cambiamo decisamente argomento. Fateci caso, lo sentirete ripetere molto più spesso di quanto crediate.

P.S. Ho buttato giù questa riflessione abbastanza di getto, immagino ci siano studi e materiale più compiuto sulla materia. Critiche, contributi e riflessioni, sono gradite.

Zio Reginaldo mente! [Breve analisi de Gli Aristogatti]

Tutti voi ricorderete “Gli Aristogatti”, il celebre cartone animato Disney del 1970 che narra le peripezie di una gatta della haute société e dei suoi tre micetti nella Parigi di inizio Novecento. Tra i vari personaggi di questo film ve n’è uno, Zio Reginaldo, (Waldo nella versione originale doppiato in italiano da Gianni Bonagura) che compare solo per un paio di minuti. Vi invito oggi ad una veloce analisi della sua apparizione nella quale decostruirò i suoi comportamenti e dimostrerò che Reginaldo altro non è che un alcolista cronico della peggior specie.

Sequenza 1: “La rissa”. Si vede il Petit Cafè, un ristorante di Parigi, si sentono dei suoni che distraggono la macchina da presa e portano l’inquadratura sul retro del locale dove, attraverso una finestra, vediamo Zio Reginaldo colluttare con il cuoco. [Notare che si sente solo il cuoco urlare mentre l’oca fa i suoi versi: siamo guardando la scena dal punto di vista degli umani, Reginaldo è solo un’oca in questo momento].

Sequenza 2: “Fare finta di niente”. Zio Reginaldo è fuori, sul marciapiede, sotto ad un lampione. Cosa fa? Torna in sé, o almeno ci prova: si dà un tono! Come? Riassume la postura eretta (aiutandosi col lampione) e, più importante, si risistema il cappello sulla testa! Come se nulla fosse si prepara a tornare in società e concentra le sue, relative, energie per mostrarsi quanto più accettabile possibile. Tanto più è grave il suo stato di incoscienza tanto maggiore sarà la sua attenzione ai dettagli (il cappello). Pateticamente crederà che se questi sono a posto nessuno noterà il resto. Questo è uno dei comportamenti più classici dell’alcolista consapevole del proprio stato.

Sequenza 3: “Oh my God!!!” Arrivano Guendalina Blabla e Adelina Blabla. Riconoscono lo Zio Reginaldo e lui a sua volta riconosce loro. La prima reazione di Reginaldo è di paura, ma subito viene corretta in un atteggiamento festoso: “le mie nipotine preferite!”. Ci troviamo qui di fronte al classico comportamento – finto – del beone che è amico del mondo e che è capace di ricoprire di affetto e belle parole perfino persone che in condizioni normali non degnerebbe del saluto. [L’inquadratura è ad altezza oca e quindi giustifica il fatto che parlino tra loro].

Sequenza 4: “Ma guarda come stai!” Adelina Blabla e Guendalina Blabla si rendono conto delle condizioni pietose dello Zio. Non sembrano scandalizzate più di tanto, elemento che avvalora la mia tesi, ovvero che lo Zio Reginaldo non sia affatto nuovo a questo tipo di esperienze.

Sequenza 5: “Non è come sembra/non è colpa mia”. Ci troviamo qui ad affrontare il più caratteristico dei comportamenti dell’alcolista compulsivo: il tentativo di deresponsabilizzarsi. Zio Reginaldo riesce in pieno nel suo intento scaricando la colpa verso il cuoco del ristorante. Questo comportamento vanta numerosi modi di concretizzarsi, diversi nelle forme, ma tutti uguali nella sostanza. Bisogna spostare l’attenzione non sul fatto che si è bevuto, ma sulle cause che hanno reso questo fatto inevitabile, facendo passare l’alcolista da colpevole a vittima. Qualche esempio? La ragazza stronza che ti ha scaricato, la morte di qualche lontano parente, essere della Lazio. Fondamentale nella riuscita è poter esibire qualche prova. Qualche sms della ex sdolcinato conservato sul cellulare, una vecchia foto dello zio da accompagnare alla narrazione singhiozzante di un vostro ricordo d’infanzia che lo riguarda, la maglia di Brocchi che nascondete sotto al Loden. Zio Reginaldo, ad esempio, utilizza la mancanza delle piume posteriori (probabilmente da attribuire invece a qualche incidente causato dalla sua ebbrezza) rafforzando la finzione parlando di sé come del “povero e vecchio Zio Reginaldo”: avete a che fare con un vero virtuoso, altro che oca arrosto!!!

Sequenza 6: “Cazzeggio”. Ottenuta la commiserazione si dà al cazzeggio più totale. Il cazzeggio può seguire di regola la fase della commiserazione senza apparente contraddizione. L’importante è che inizi quando questa ha raggiunto il suo apice e ci si trovi in una fase di stallo. Quando l’ubriaco tenta di forzare la fase di commiserazione oltre la fase di stallo si può a buon diritto parlare di un caso di “ubriacatura molesta”. Non sembra, ma spesso chi agisce in questo modo ha uno scopo ben preciso: andare in macchina ad ascoltare i cd di Masini.

Sequenza 7: “Si ricomincia”. Fortunatamente Zio Reginaldo non è un beone del tipo molesto. Anzi! Notate come sfrutta la fase di commiserazione a suo favore e si incammina con le nipoti con l’intenzione di andare a bere. Ha ritrovato tutto il suo smalto, la sua vera raison d’être: bere! “Andiamo a brindare a questa riunione di famiglia” strillerà trionfante. Vi potrà sembrare una frase innocente, ma così non è. Ha trovato un’altra scusa (e che scusa!) per celare il suo implacabile alcolismo: la famiglia. Ha saputo trasformare l’incontro con le sue nipoti, potenzialmente imbarazzante, a suo vantaggio. Zio Reginaldo….ti ho smascherato!   

P.S. Un ringraziamento a Marianna che mi ha dato modo di concentrarmi su questa scena del film.

Rotolo ti voglio bene! Fenomenologia della carta igienica.

Alla vostra destra o alla sinistra, ogni giorno, seduti sul vostro water, sarete obbligati ad effettuare una torsione col busto al fine di raggiungere la carta igienica. Il rotolo di carta igienica predilige solitamente la parete alle vostre spalle dalla quale superbo vi guarda, tronfio del dispositivo che lo sorregge e ne permette lo srotolamento. Tale dispositivo, che alcuni chiamano supporto a parete, distributore o, semplicemente, portarotolo è una delle ragioni, immagino, per la quale non sarebbe pensabile commercializzare carta igienica senza ricorrere alla soluzione rotolo. Le decine di aziende cartacee che si contendono il primato l’onere ed il privilegio di nettare il nostro orifizio cardinale cercano di convincerci che la loro carta risulterà più morbida, conveniente, resistente, affidabile, duratura, ludica, a minor impatto ambientale, addirittura più profumata di quella dei loro concorrenti, ma state sicuri che nessuno di questi oserà sfidare il diktat rotolo. Il rotolo non si discute, esso è un tutt’uno con la carta igienica così come non riusciremmo a concepire banane cilindriche o mele affusolate. Rotolo e portarotolo formano una coppia così ben radicata nel nostro immaginario collettivo che è persino difficile stabilire quale di questi due ritrovati della tecnologia sia stato introdotto prima. State sicuri che diventeremmo ostili nei riguardi di chiunque venisse a proporci soluzioni alternative a quei due adorabili mascalzoni come se venisse minacciata la nostra stessa identità. Chi di noi non prova pena per un rotolo di carta igienica abbandonato su una superficie piana come del nastro adesivo? Quanti di noi detestano dover usare entrambe le mani per qualche misero strappo? Chi, nella fredda solitudine di un bagno che non gli appartiene, tra quel senso di disagio e di fragilità, non apprezza la perfetta scorrevolezza che solo un rotolo ben abbinato al suo porta rotolo sa generare, quella stessa scorrevolezza di cui tutti, da bambini, almeno una volta abbiamo abusato? E quanti di voi, amici ed amiche, dopo aver dato un senso ad ore di quieta peristalsi, avendo decretato conclusa la sessione e volgendosi con la mente a quell’atto per nulla nobile, ma tuttavia doveroso, non vengono mai presi dal terrore di essere rimasti privi del fidato rotolo? In quegli attimi di angoscia, con la speranza al mobiletto sotto al lavandino da raggiungere a piccoli passi con le brache ai calcagni, un occhio malandrino alle pagine della settimana enigmistica e uno carico di apprensione al bidet, quanti di voi non hanno emesso un grido, almeno interiore, alla vista di quella candida lingua di carta che sporge timida e non aspetta altro che due vostre dita, un minimo gioco di polso più sicuro e naturale di quello di un vecchio sarto, per servirvi con amore e discrezione fin dove pochi altri saprebbero spingersi? E allora che vengano 4, 8, 30 strati di cellulosa fino a raggiungere morbidezze impossibili! Che si propaghino nell’aere fragranze floreali, essenze di camomilla, sentori di sottobosco! Che cigolino i porta rotoli e che si odano fino ai salotti! Che infine si dia mano ai pietosi sciacquoni, non prima, però, di un ultimo fugace sguardo e della mano tesa (possibilmente la sinistra), parallela alla fronte, a mo’ di estremo, commosso e doveroso saluto di commiato.

Vi lascio con le immagini di alcuni dei nostri cari eroi. Come direbbe La Russa, loro sono i nostri Ragazzi.

In ottone stile antiquariato

Acciaio e vetro satinato

Tecnologico con supporto I-Pod

porta carta igienica dotato di ventose a fortissima tenuta grazie ai materiali impiegati e al particolare meccanismo a scatto che attiva la funzione di bloccaggio. Dette ventose, non temono umidità e vapore e sono concepite per la piu’ rapida e sicura applicazione su qualsiasi superficie liscia; ognuna puo’ sostenere oltre 10 Kg,

Porta carta igienica telescopico, da fissare al muro. Ha braccetto orientabile ed estensibile per tirare a sè il rotolo e ritirarlo senza doversi allungare. Particolarmente indicato per spazi ristretti.

Il sesso è tabù, la sessualità è ok. Quello che Google non vuole farci vedere.

Il titolo di questo articolo racchiude un po’ il senso di come “ragiona” la funzione completamento automatico di Google.  Da qualche tempo, infatti, Google ha sviluppato questo servizio, un algoritmo che si attiva durante la digitazione ed è in grado di prevedere e visualizzare le query di ricerca in base alle attività di ricerca degli altri utenti e ai contenuti delle pagine web indicizzate su Google. Tradotto in soldoni è quel meccanismo che vi consente di schiacciare una F e leggere sulla barra Facebook, schiacciare la Y e vedervi suggerito Youtube, digitare “Nie” e vedervi apparire il modo corretto di scrivere il nome di un famoso filosofo tedesco.

Trattandosi di un algoritmo, di una cosa fredda insomma, questa funzione si basa su numeri e non sul valore. Quantità dunque, non qualità! Per questo non meravigliatevi se Stefano Mauri viene prima di Stefano Benni, la Gerini prima della Cardinale, Vacanze di Natale molto prima di Vacanze romane mentre sognare topi o serpenti precederà sognare di essere incinta

Penserete che è ok, che non vi è nulla di strano, che è il mercato che fa le leggi e queste bisogna accettarle facendo buon viso a cattivo gioco. E invece non è così. O almeno non è sempre così. Questo liberalissimo strumento tanto liberale non lo è, perché, di fatto, c’è tutta una serie di parole che non vi verranno mai suggerite. Non è che ho scoperto l’acqua calda. Google afferma in maniera esplicita che vengono escluse un gruppo limitato di query di ricerca a contenuti pornografici, di violenza, di incitamento all’odio e relative alla violazione del copyright.

Come funziona questo filtro? Mentre digitate vi appariranno suggerimenti diversi a seconda di quello che state scrivendo, ma se incappate in query non gradite Google smetterà di suggerirvi alcunché e vi lascerà soli. Insomma Google vi assiste fino a POR- con portaportese, porta di roma, porta dello studente, ma se aggiungete una N, digitando PORN, ecco che si ammutolisce. Stessa cosa accade con BOCCHIN (con buona pace di Italo), con SCOPAR, con MERDA, con ORGAS. Il tabù dell’incesto paralizzerà Google a INCES, quello del latino a FELLA, l’igienismo a SCOPA, mentre se desiderate sapere qualcosa sul sesso di gruppo sappiate che non andrete oltre Orgoglio e Pregiudizio (che coincidenza eh?).

Certo possiamo ragionare su quanti preziosi bambini vengono ogni giorno tutelati con questo meccanismo, considerare che purtroppo nel mondo esistono un sacco di laziali o consolarci al pensiero che Madonna di Campiglio dà una pista alla Madonna di Loreto (una pista… )

Eppure ci sono altre cose che non mi tornano. L’ipocrisia, innanzitutto, o la modernità se volete, di questa funzione che omette di rendersi complice di quello che trova disdicevole, fatto che non preclude, però, la fruizione del servizio. Se scrivo PORNO e schiaccio ENTER non è che Google non completi la ricerca. Il servizio me lo offre ugualmente, solo, come dire, se ne lava le mani, si gira dall’altra parte.

L’assurdità di vedere cancellate parole di uso comune come vibratore o pedofilia o scopare, sintomo della percezione di internet come luogo di perdizione e peccato. L’assurdità di ritenere possibile la sessualità senza il sesso. Il fatto che molti personaggi vengano ignorati, come Ilona Staller (alias Cicciolina) eletta democraticamente nel 1987 in libere elezioni in uno stato libero, ma indegna di figurare tra le cose che potrebbero interessare un utente di Google, forse perché ritenuta capace di deviarne la moralità o, come credo, semplicemente colpevole di poter macchiare l’immagine di una società che deve mostrarsi friendly a tutti i costi e non perde mai occasione per farlo.

In quest’epoca nella quale spesso si considera reale qualcosa o qualcuno a partire dalla sue presenza sulla rete e non viceversa certe dinamiche fanno riflettere…