Piccola e media editoria: la fiera che non c’è più.

Sono stato ieri alla fiera della piccola e media editoria che erano anni che non andavo, non ricordo nemmeno quanti. Una volta non c’era edizione che perdessi, non tanto per merito mio, quanto per colpa di mio nonno che mi ci trascinava.

Mio nonno abitava fuori Roma, in campagna, e in città ci veniva una volta l’anno, per raggiungere la fiera. Si manifestava un giorno a casa nostra, così, senza preavviso, che fuori era ancora notte fonda. Accettava un caffè dalla figlia, rifiutava l’invito a sedersi, poi, dopo aver ringraziato per il caffè, annunciava che quel giorno avrei saltato la scuola e sarei andato con lui. Mia madre non osava contraddirlo. Controllava solo che fossi ben coperto, mi dava un bacio sulla guancia poi prendeva alcune monete dal cassetto e le faceva scivolare nella tasca del mio bomber.

Ricordo il freddo, il passo di mio nonno che non riuscivo a sostenere, poi l’alba, annunciata da mio nonno non senza tradire una punta d’impazienza, mentre scrutava con sospetto le altre persone in cammino lungo la strada e le loro facce sonnolenti tanto in disaccordo coi colori accesi di cravatte e fazzoletti che indossavano. Anche lui aveva l’abito della domenica, con tanto di cravatta e fazzoletto celeste che spuntava dal taschino. Camminava ripetendo il programma della fiera e si assicurava che lo mandassi a memoria e ogni volta che sbagliavo me lo faceva ripetere da capo. Volevo morire.

L’arrivo era poi per me sempre uno shock ulteriore, non tanto per le persone (a quell’ora vi era sempre poca gente) quanto per i librai che, letteralmente invasati, animavano gli stand urlando e dimenandosi alle ricerca di intercettare le attenzioni dei passanti. Solo la presenza di mio nonno riusciva a vincere le mia volontà, che era quella di fuggire il prima possibile da quel posto. Mi stringevo a lui e osservavo i librai, i loro cappelli di paglia, i loro completi bianchi con le bretelle in vista, quei loro tipici bastoni che utilizzavano per indicare i vari libri che pendevano dai ganci ma anche, e non di rado, per assestare colpi sulle mani dei librai degli stand vicini, colpevoli magari di essersi sporti oltre lo spazio che gli spettava o di aver toccato il libro sbagliato. Anche io dovevo stare attento perché i bambini erano rari ed era inoltre consuetudine alla fiera affibbiargli calci sugli stinchi, sputargli addosso o depositargli una gomma da masticare tra i capelli, tutte usanze che in fiera si volevano latrici di buona fortuna.

Mi ricordo che alcuni librai particolarmente estrosi erano al tempo delle vere e proprie celebrità. Questo aveva creato forti dissapori tra le case editrici che se ne contendevano i servigi. Già in quegli anni, proprio per porre un freno all’escalation di violenza che aveva caratterizzato le prime fiere, i librai venivano estratti a sorte cosa che aveva di certo calmato le acque, anche se agli occhi esperti di mio nonno non sfuggivano certi dettagli, certi atteggiamenti, certe frecciate che si lanciavano i librai tra stand e stand, segno che gli attriti, che una volta sfociavano subito in violenza, erano ancora presenti e stavano trovando altre vie per esprimersi.

Era un vero spettacolo, comunque, poter assistere alle performance di alcuni librai. Camminavano in lungo e largo per gli stand fischiando verso i passanti e passandosi i pollici sotto le bretelle. Quando qualcuno si avvicinava gli passavano un libro sotto al naso con malizia, in modo da fargli assaporare l’odore della carta. Poi lo ritraevano di colpo, lo lanciavano in aria per poi riprenderlo, vi sbattevano le nocche sul dorso tessendone la solidità, oppure invitavano il malcapitato a valutare la perfezione della rilegatura, la piacevolezza tattile della carta utilizzata, l’eleganza della veste grafica. A volte lasciavano persino intravedere per qualche attimo quello che c’era sotto la sovraccoperta e non di rado le donne, stizzite, finivano per trascinare via i propri mariti di peso tra urla e risate degli altri avventori. Anche mio nonno riconosceva il talento di alcuni librai, seppure disprezzava quelli che se ne facevano abbindolare e che passavano le ore a contrattare sul prezzo. Lui i librai li conosceva tutti e tutti li chiamava per nome. Con alcuni scherzava, discuteva, ma solo con pochissimi, quelli più anziani, parlava di libri. Le sue rare discussioni erano, ahimè, molto lunghe ed io in quei casi, a mio rischio e pericolo, mi allontanavo qualche minuto per comprare frattaglie, lumache, o cosce di rana, che erano i classici cibi allora in voga alla fiera. Vendevano anche gli Happy Meal nella loro apposita confezione, ma a me faceva troppo senso vedere cibo uscire da una casetta di cartone con le finestrelle e tutto. Mi ricordo di un anno che mio nonno volle farmelo mangiare a tutti i costi e finii per vomitarne il contenuto sullo stand “Albatros il Filo”. Mi ricordo che mio nonno dovette scusarsi ma questi pretesero comunque dei soldi. Da quell’anno per me solo frattaglie.

Insomma quello di ieri è stato un tuffo nel passato per me, un tuffo nei ricordi di una fiera che non esiste più. Tutto è cambiato. A partire dalla navetta, dalla fila in piazza, dal programma stampato che uno può mettersi nella borsa senza dover mandare a memoria! La fiera si è trasformata in una manifestazione per famiglie. Era tutto un passeggino, un ruttino, un bavaglino, un rigurgitino. Quasi ho invidiato questi fanciulli a cui venivano distribuiti pennarelli e fogli bianchi, mentre ai miei tempi al solo vederci si sprecavano calci ed espettorati. Mio nonno sarebbe scappato a gambe levate a tale spettacolo. A me invece la cosa non è dispiaciuta. Certo, i librai di oggi sono timidi, restii al dialogo, hanno tutti le stesse montature di occhiali e hanno il pallino dell’incipit giusto, dell’incipit che funzioni.  Ma se ti avvicini con gentilezza, gli parli con calma e gli assesti un ceffone a tradimento poi può accadere che si destino e dimentichino gli incipit. Alcuni, adeguatamente insultati, hanno anche espresso delle opinioni interessanti, anche se quelli che hanno simpatie per le scuole di scrittura di solito non danno segni di vita. In quei casi i ceffoni non funzionano, la violenza, seppur consiglio di esercitarla, resta fine a sé stessa. Per questi casi io ho un asso nella manica, un trucco che un vecchio libraio amico di mio nonno mi ha insegnato ad effettuare in cambio di un cartoccio di frattaglie e del permesso di sputarmi sulla capoccia. Bisogna prendere un libro…che ne so di Gadda, di Faulkner o di Vargas Llosa e glielo si deve passare sotto al naso. Poi bisogna sbattere con violenza le nocche sul dorso, fare frusciare le pagine, decantare la qualità dell’immagine di copertina. Poi quando lo hai abbindolato lasciare intravedere cosa si nasconde sotto la sovraccoperta, ma bisogna stare attenti a farlo con giudizio, con estrema discrezione, potrebbe non reggere e svenirti tra le braccia.

Happy_Meal

Invio di proposte editoriali a Stefano Mosso: istruzioni che gradirei fossero lette con attenzione.

Gentili editori,

a fronte delle numerose proposte che mi vengono quotidianamente sottoposte sono stato costretto a compilare alcune indicazioni che siete pregati di leggere attentamente prima di inoltrare al sottoscritto qualsiasi tipo di proposta di pubblicazione.

Indicazioni generali.

Prima di contattarmi siete pregati di valutare attentamente che la vostra linea editoriale sia affine a quello che scrivo. Non avendovi io mai inviato un tubo significa che dovrete andare a naso. Il mio account facebook è privato e Twitter lo uso pochino, ma dando un’occhiata alla mia foto di profilo e, soprattutto, a quella dei miei amici potreste farvi già un’idea, specie se non è estate, Natale, periodo di mondiali di calcio o di linciaggio di femmina in qualche paese islamico.

Tendenzialmente non scrivo poesia, non scrivo gialli, saggi, romanzi rosa, libri per bambini, libri per anziani, libri per adolescenti, libri per Bruno Vespa, manuali per trovare la serenità, per perderla, per trovarla facendo credere che non l’abbiate trovata, per fare sughetti veloci, per defecare senza emettere rumori o per farlo all’aria aperta, fischiettando e con indosso una salopette jeans ed un cappello di paglia, ma provate lo stesso. Magari mi beccate sbronzo, a corto di soldi o in salopette jeans, episodi che ultimamente tendono a verificarsi contemporaneamente.

Vista la grande quantità di proposte che ricevo quotidianamente siete pregati di telefonare per accertarvi dell’avvenuto arrivo della proposta o dell’esito della valutazione. Difficilmente al telefono entrerò nel merito, ma mi sono persuaso del fatto che ricevendo tante telefonate la mia coinquilina figa finirà col credere che io sia un tipo tosto.

Prevedo di rispondere entro 7 mesi dall’arrivo della vostra proposta. Nel caso di rifiuto risponderò comunque con una lettera standard nella quale, dopo alcune sentitissime frasi di circostanza, passerò a parlare di me idealizzando il mio passato. Mi aspetto comunque di ricevere una lettera standard alla mia lettera standard di rifiuto, portata da un postino standard e con tanto di divisa standard. Avete carta bianca relativamente al contenuto della missiva, ma mi piacerebbe trovarci almeno qualche riga su gatti e video di gatti che vi hanno colpito.

Indicazioni tecniche.

Più o meno dall’avvento di internet prendo in considerazione solo proposte pervenutemi in formato cartaceo (non prenderò in considerazione proposte inviate tramite mail, cd rom, fax, piccioni, colombe, falchi, aquile, biscotti della fortuna, cantanti rionali prezzolati, postini di “C’è posta per te”, Gianluca Vialli). Nel caso voi siate la Castelvecchio editore sappiate che prenderò in considerazione vostre proposte solo se pervenutemi tramite floppy disc.

La proposta (ad eccezione di Castelvecchio che deve munirsi di floppino) deve essere presentata in fogli formato A4, solo fronte, con le pagine numerate e molto ben profumate. Non mi interessa che siano rilegate e non pretendo che utilizziate un particolare carattere tipografico, ma per favore fate vedere che un po’a me ci tenete eh!

Disegni colorati di gatti, specie se tratti da qualche video virale, sono graditissimi.

Non nascondo che la presenza di disegni di gatti può influire sulla valutazione della proposta.

Il vostro nome (niente cognome!) deve essere ripetuto in stampatello anche sull’eventuale disegno di gatti allegato, insieme ad un titolo del disegno e alla data nella quale è stato realizzato.

I disegni di gatti, specie se ben fatti e tratti da video virali, non potranno essere restituiti per nessuna ragione e nemmeno a spese del destinatario.

Grazie infinite dell’attenzione,

Stefano Mosso.

FloppyDisk